Nuovi equilibri tra gestione economica e organizzativa dell’impresa e i bisogni dei lavoratori, interessati a misure di conciliazione vita lavoro, in un contesto sociale di profondi mutamenti, ancora più marcati dalle conseguenze della pandemia.
E’ in atto una profonda rivoluzione, che trova le proprie radici nel processo di trasformazione dell’organizzazione produttiva e del mercato iniziato a livello mondiale già a partire dagli anni ’80. L’innovazione scientifica e tecnologica, l’informatizzazione, l’accesso all’informazione globalizzata, la rapidità nello scambio di dati e negli spostamenti di persone e merci hanno determinato la modifica di ogni aspetto della vita degli individui e la creazione di un mercato non facilmente determinabile, non più stabile come quello dell’era industriale, in continua trasformazione, nel quale le modalità e gli strumenti di relazione sono sempre più mutevoli e difficilmente definibili.
La trasformazione in atto mette in crisi il modello Tayloriano dell’organizzazione scientifica del lavoro, quello dell’economia nata con la Rivoluzione Industriale, quello della modernità, delle esposizioni universali di Londra (1851) e Parigi (1889), che trovò nelle macchine il fulcro, le quali incorporavano una conoscenza scientifica riproducibile con conseguenti economie di scala, quello sul quale si è costruito il diritto del lavoro come lo conosciamo.
Questo tipo di produzione richiedeva un’organizzazione scientifica del lavoro standardizzata, basata sulla razionalizzazione del ciclo produttivo, con la parcellizzazione dei processi di lavorazione nei singoli movimenti costitutivi, ai quali venivano assegnati tempi standars di esecuzione, dove l’autonomia del lavoratore era nulla; nasce la categoria giuridica della subordinazione nel rapporto di lavoro.
conoscenza come forza produttiva
La nuova economia è quella della “conoscenza” come forza produttiva; il lavoro operaio e impiegatizio non è più quello ripetitivo standardizzato della grande fabbrica Tayloriana, richiede conoscenze per compiere valutazioni autonome nell’esecuzione; il lavoratore è sempre meno operaio e impiegato e sempre più collaboratore, in quanto portatore di valore aggiunto per l’azienda, in un rapporto gerarchico con il management di tipo verticale collaborativo e non più piramidale.
Questa realtà conduce alla necessità di trovare nuovi equilibri tra gestione economica e organizzativa dell’impresa e i bisogni dei lavoratori, interessati a misure di conciliazione vita lavoro, in un contesto sociale di profondi mutamenti, ancora più marcati dalle conseguenze della pandemia (necessità del distanziamento sociale); occorre ripensare gli schemi e i modelli organizzativi tradizionali orientandosi verso nuovi principi quali la collaborazione, la responsabilizzazione, la flessibilizzazione, la valorizzazione dei talenti., nei quali il manager non è più chiuso nell’ufficio ma si rapporta e si relaziona con i propri collaboratori nella definizione dei nuovi obiettivi, stabilendo un rapporto osmotico.
Il nuovo modo di concepire il lavoro presuppone un nuovo modo di progettare gli spazi lavorativi, e di gestire il tempo, di fornire servizi ai lavoratori, in quanto ciò che si chiede al lavoratore non è più il dove, il come, il quando ma il raggiungimento di risultati; una realtà che mette in crisi le tradizionali categorie giuslavoristiche, ponendo il problema di ripensare il sistema di tutele dei lavoratori.
Ogni società esprime dei desideri, ma le risorse sono limitate, quindi occorre formulare una scala di valori e la scelta delle priorità viene fatta dalla società stessa, entrando in gioco non solo considerazioni economiche, ma anche politiche, religiose, etiche, sociali, di costume. Oggi questa scelta è condizionata da una pandemia che ha come conseguenza la profonda accelerazione del processo di innovazione tecnologica.
In questo contesto si inserisce lo Smart Working
Lavorare agile, significa ripensare il lavoro secondo la nuova ottica mettendo in discussione i tradizionali vincoli legati al luogo e all’orario di lavoro, tipico del sistema Tayloriano, lasciando alle persone maggiore autonomia, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati, valorizzando i talenti e le competenze.
Lavorare smart significa approcciare l’organizzazione del lavoro con l’obiettivo di ottenere valore aggiunto, combinando la flessibilità, l’autonomia del lavoratore e la collaborazione, offrendo alle persone gli strumenti ed i luoghi di lavoro più adatti per farlo.
Quattro sono le leve su cui operare: cultura; spazi di lavoro; tecnologia, HR.
Gli assi strategici su cui puntare:
– valorizzazione e miglioramento del territorio e dell’ambiente, per uno sviluppo sostenibile: riduzione dell’inquinamento atmosferico, miglioramento della viabilità, riduzione dell’affollamento sui mezzi pubblici nelle ore di punta, promozione del benessere individuale e sociale, nascita di sinergie territoriali, partecipazione alla comunità. Creazione di spazi di co-working nei piccoli centri, per limitare gli spostamenti e garantire ai lavoratori in smart working delle postazioni lavorative ergonomicamente idonee, strumenti informatici e connessione adeguati, socializzazione, con benefici per i piccoli centri e le periferie non più solo dormitori.
– l’investimento in ICT: sviluppo nuove competenze informatiche e tecnologiche, reti sul territorio e fibra ottica;
– risparmio economico: azzeramento dello straordinario, riduzione della spese per il servizio alternativo di mensa, minori costi di missione, razionalizzazione degli spazi, considerando anche le misure di distanziamento obbligatorie;
– valorizzazione della conciliazione: riduzione dei tempi e dei costi degli spostamenti, migliore armonizzazione tra vita lavorativa e familiare, riduzione del ricorso ai congedi, riduzione malattia breve.
La Rivoluzione neolitica si sviluppò nel corso di migliaia di anni, 5000 anni ci sono voluti per arrivare alla Rivoluzione Industriale, neanche due secoli per giungere questa nuova Rivoluzione, accelerata dalla pandemia in atto, la cui complessità , per la fluidità e la velocità dei cambiamenti, rende difficile l’adattamento dell’uomo dal punto di vista culturale-antropologico, imponendo un impegno straordinario ai cittadini e alle imprese.
Phd avv. Olga Simeoni
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