Un approfondimento del Dott. Luca Fioravanti, esperto consulente e docente LUISS Business School.
Le aziende italiane sono sempre pronte a lamentarsi per la poca attenzione a loro riposta da parte dei nostri governanti; quando però, per una volta, si presenta un’opportunità molto vantaggiosa per loro, faticano a riconoscerla e soprattutto a utilizzarla in maniera corretta. Ciò per una serie di motivi che vanno dall’ignoranza allo scetticismo fino ad arrivare alla inconsapevolezza di quello che si può e quello che non si può fare, finendo così a commettere errori grossolani di valutazione e quindi a sottoporre la propria azienda ad inutili rischi eccessivi. Solo in questi ultimi tempi, vicini alla scadenza della norma, tante aziende si stanno avvicinando a questa interessante opportunità.
Stiamo parlando di una norma che risale a oltre 6 anni fa (D.L. 145/2013) ed è in vigore dal primo gennaio 2015, con scadenza, salvo proroghe, al 31 dicembre 2020. Si tratta di un credito d’imposta riconosciuto a quelle aziende che hanno investito o intendono investire in attività di ricerca e sviluppo. Ma nell’immaginario collettivo la ricerca e lo sviluppo sono considerate attività di laboratorio svolte da persone in camice bianco e con il microscopio: non è questo quello di cui la norma parla. La norma infatti agevola quelle aziende che hanno investito o vogliono investire in innovazioni di prodotti, di servizi o di processi aziendali.
La novità è ad esempio un elemento essenziale; novità intesa non per l’azienda ovviamente, ma quantomeno per il comparto di appartenenza dell’azienda stessa. La ratio della norma, che prende piede da una Direttiva Comunitaria, è quella di premiare le aziende innovative e virtuose che investono in ricerca e sviluppo.
E’ in buona sostanza un’agevolazione fiscale, aperta a tutti i settori merceologici ed a tutte le tipologie di aziende di qualunque ordine e grado, fatta eccezione per le aziende sottoposte a procedure concorsuali che si trovano in concordato preventivo non di continuità. Diversi tipi di investimenti in Ricerca e Sviluppo dunque che, per essere ritenuti finanziabili, devono rispettare i requisiti specificati nel cd Manuale di Frascati, una sorta di bibbia per le attività di ricerca e sviluppo.
I costi finanziabili sono quelli sostenuti o da sostenere per le persone, dipendenti e non, che effettivamente hanno preso o prenderanno parte a diverso titolo al progetto di ricerca; così come sono finanziabili le quote di ammortamento per l’acquisto dei macchinari ed attrezzature acquistate per espletare la ricerca (in questo caso si parla di ricerca intra-muros) cioè svolta all’interno dell’azienda con la propria organizzazione di mezzi e di persone. Sono altresì finanziabili le ricerche commissionate ad università o enti di ricerca scientifica (in questo caso si parla di ricerca extra-muros).
Il credito d’imposta potrà essere utilizzato esclusivamente in compensazione dall’anno successivo a quello in cui i costi sono stati sostenuti, per pagare iva, tasse e contributi di qualsiasi tipo attraverso l’utilizzo del modello unico di pagamento F24. Non è richiesta la preventiva autorizzazione e/o approvazione da parte di qualsivoglia ente per l’utilizzo del credito, quindi è un vero e proprio incentivo automatico. Per poter utilizzare il credito è sufficiente che il progetto venga riconosciuto formalmente corretto da parte di un Revisore dei Conti, ossia che rispetti tutti i requisiti previsti dalla Legge. La compensazione del credito è consentita dal giorno successivo di tale riconoscimento.
Il credito di imposta è riconosciuto ai soggetti passivi dell’imposta sui redditi delle società sulle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta 2012-2014. Il credito d’imposta è riconosciuto fino a un importo massimo annuale di euro 10 milioni per ciascun beneficiario, a condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari a euro 30 mila nell’esercizio per il quale si intende usufruire del credito di imposta.
Infine, una volta accertato che le attività rientrano tra quelle qualificate di ricerca e sviluppo, il bonus riconosciuto, sotto forma di credito d’imposta, varia dal 25 al 50% dei costi eleggibili a seconda della tipologia di costi sostenuti. A titolo esemplificativo i costi per il personale che effettivamente ha partecipato al progetto di ricerca sono eleggibili nella misura del 50% se trattasi di personale dipendente, mentre sono agevolabili nella misura del 25% se trattasi di lavoratori autonomi.
Si auspica che in questo ultimo lasso di tempo in cui la norma è ancora in vigore molte aziende prendano seriamente in considerazione questa opportunità valutando attentamente se ciò che hanno svolto o che intendono svolgere rientra tra i costi agevolabili previsti dalla norma e godere quindi di un credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo.
Di Luca Fioravanti, docente LUISS Business School
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