Tra i principi guida che presiedono le scelte politiche della Commissione Europea in materia di intermediazione finanziaria tecnologica si possono annoverare:
La neutralità tecnologica, che si esprime nel monito “stesso servizio, stesso rischio, stesse regole”; la proporzionalità richiesta nell’applicazione delle regole, avuto riguardo al modello di business e alla dimensione, ed in ultimo l’integrità, ovvero un principio che si impernia sui concetti di responsabilità, trasparenza, privacy e sicurezza.
Originariamente, con riguardo in particolar modo al “Principio di neutralità tecnologica”, si registra il contributo reso dalla Consob con la Comunicazione n. 30396 del 2000, con la quale, l’Autorità di vigilanza, esprimendosi in materia di Trading online, ovvero la negoziazione o compravendita di prodotti finanziari tramite canali web, ha evidenziato che
“Le regole di comportamento dettate dall’ordinamento per la prestazione dei servizi di investimento non vengono meno se l’impresa si avvale di Internet per lo svolgimento dell’attività di intermediazione; Semplicemente, tali regole potranno richiedere modalità di adempimento specifiche in ragione della particolare natura tecnica del mezzo di contatto con la clientela utilizzato.”
Di conseguenza, le imprese Fin-Tech, in ossequio al principio di neutralità tecnologica, nel corso della loro attività d’impresa dovrebbero rispettare la medesima legislazione applicabile ad ogni impresa che presta lo stesso servizio finanziario senza avvalersi di piattaforme online, di modo da garantire il corretto gioco della concorrenza.
Questo dato si giustifica sulla base del fatto che l’esigenza di garantire il buon funzionamento del mercato dei capitali è subordinato alla creazione di paritarie condizioni di gioco con gli operatori tradizionali; Di conseguenza, non vengono di norma introdotti precetti regolamentari dedicati ai nuovi soggetti o servizi, ma vengono per lo più forniti ai protagonisti delle intermediazioni finanziarie alcune indicazioni di dettaglio.
Sennonché, la diffusione repentina dello sviluppo digitale negli ultimi anni ha messo in crisi i tradizionali principi ispiratori della disciplina, richiedendo un maggiore intervento dell’autorità.
Tale assunto è stato valutato analiticamente dalla Commissione Europea che, con la comunicazione relativa al “Piano d’azione per le tecnologie finanziarie: per un settore finanziario europeo più competitivo e innovativo” datata 8 marzo 2018, ha affermato come” i rapidi progressi delle tecnologie finanziarie stanno determinando cambiamenti strutturali nel settore finanziario. In un ambiente in così rapida evoluzione una regolamentazione eccessivamente prescrittiva e precipitosa rischia di produrre effetti indesiderati. Tuttavia, il mancato aggiornamento delle politiche e dei quadri normativi potrebbe porre in una posizione di svantaggio i prestatori di servizi finanziari dell’UE in un mercato sempre più globale. Esiste inoltre la possibilità, ad esempio nel caso della cibersicurezza, che alcuni rischi importanti non siano affrontati”.
Sulla base di ciò si auspica che nelle scelte legislative future le autorità di vigilanza e il regolatore nazionale e sovranazionale attueranno un profondo cambio di prospettiva di modo da riuscire a rendere il sistema dei prodotti e servizi finanziar più trasparente e limpido possibile.
Ciò implica un ripensamento degli istituti tradizionali del diritto finanziario quali, ad esempio i regimi normativi relativi alla vigilanza, alla responsabilità, al controllo sui processi finanziari di modo che la regolamentazione legislativa possa operare conformemente all’ampliamento finanziario digitalizzato.
Di Alessandra D’Agostini, collaboratrice presso la cattedra di Diritto Commerciale e Mercati Finanziari del Prof. Lener, dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
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