L’emergenza Coronavirus rischia di avere gravi ripercussioni anche sul fronte economico globale.
Nella conferenza stampa che ha preceduto la pubblicazione dell’ultimo DPCM quello dell’11 marzo, Palazzo Chigi ha annunciato di aver “avviato una istruttoria per l’adozione di misure di contenimento degli effetti negativi dell’emergenza sul nostro sistema economico e produttivo” e in queste ore il Governo sta definendo un set di misure a sostegno dei settori più colpiti.
Tra questi rientra a pieno titolo quello dell’export, per il quale il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha annunciato un piano da 300 milioni di euro. In particolare, per le relazioni commerciali tra Italia e Cina, il rallentamento dell’economia cinese minaccia le imprese del Bel Paese.
Secondo l’Eurostat, nel 2018 – ultimo anno per cui è disponibile il dato annuale – l’Italia ha esportato in Cina beni per poco più di 13 miliardi di euro. Allo stesso tempo ha importato beni dal Paese asiatico per circa 31 miliardi di euro.
La Cina nel 2018, come da tabelle del Ministero per lo Sviluppo economico, era nona nella classifica dei Paesi destinatari del nostro export (ai primi due posti c’erano Germania e Francia), sul cui totale pesa per il 2,8 per cento, ed era terza in quella dei Paesi di provenienza del nostro import (ai primi due posti, sempre, Germania e Francia), con un peso pari al 7,3 per cento.
Nel periodo gennaio-settembre 2019 le cose sono rimaste sostanzialmente stabili, con una leggera flessione dell’export italiano, rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente, passato da 9,65 miliardi a 9,43 miliardi di euro, e un discreto aumento dell’import cinese in Italia, cresciuto da 23 miliardi a 24,25 miliardi di euro.
E’ evidente quindi che una contrazione del Pil cinese avrebbe effetti depressivi sul mercato dell’export italiano.
Ma la questione è anche più complessa.
La Cina si trova oggi al centro di numerose global supply chain, pertanto, qualora per le aziende europee si fermasse la fornitura di componenti indispensabili prodotti in stabilimenti cinesi che si trovano in aree “rosse”, l’intera catena rischia di incepparsi.
Un numero crescente di aziende come Nintendo e Hyundai hanno attualmente sospeso la produzione e le spedizioni, a causa del blocco dell’operatività aziendale e dei trasporti influendo, pesantemente, sul commercio al dettaglio, sulla produzione e sugli scambi.
Per tutte queste ragioni, la nomenklatura di Pechino sta affrontando la sfida dei virus non solo a livello economico, ma anche sociale e d’immagine.
E alle misure adottate dalla Cina il Governo Italiano può guardare per far fronte alla criticità del periodo e coadiuvare il controllo e la prevenzione del coronavirus.
Ma è bene che anche le imprese italiane conoscano tali misure per tutelarsi nei commerci internazionali.
Già nel mese di febbraio la Cina ha previsto interventi a sostegno degli investitori esteri e delle società commerciali per fronteggiare l’impatto del Covid-19 sulla fornitura di prodotti e servizi.
Per far fronte alla sospensione della produzione e delle spedizioni a causa del blocco dell’operatività aziendale e dei trasporti, la Cina sta attualmente offrendo supporto alle aziende rafforzando i canali amministrativi online per garantire una rete di coordinazione più efficiente in tutte le proprie catene industriali.
Per assicurare la fornitura essenziale e tempestiva dei beni di prima necessità, farmaci e dispositivi medici specifici saranno esentati dal pagamento delle tasse di registrazione e i produttori di forniture e prodotti essenziali beneficeranno di una detrazione fiscale una tantum per l’acquisto di attrezzature.
Le entrate derivanti dalle principali forniture per il controllo delle epidemie, dai trasporti pubblici, dai servizi ai consumatori e dalle consegne espresse saranno esentate dall’IVA. Le società di trasporto aereo civile saranno esentate dal pagamento delle tasse sui fondi di sviluppo dell’aviazione.
I dipartimenti delle amministrazioni locali intendono guidare e incoraggiare attivamente le imprese a richiedere licenze di importazione ed esportazione online semplificando ulteriormente i documenti necessari per le domande e senza il ricorso al supporto cartaceo.
Le importazioni e le esportazioni di tecnologia da parte di aziende locali devono avere la priorità e ricevere un’assistenza speciale da parte dei dipartimenti locali per superare le difficoltà del breve termine e poter riprendere prima possibile la produzione e l’operatività.
Tra le misure restrittive di particolare evidenza sono, infine, quelle che stanno incidendo sull’esecuzione dei contratti commerciali internazionali.
Per sostenere le imprese che hanno difficoltà a rispettare le scadenze contrattuali a causa degli effetti dell’epidemia, il Ministero del Commercio della Repubblica Popolare Cinese ha attribuito a sei Camere di Commercio cinesi di import ed export la competenza a rilasciare i certificati di “forza maggiore” e ad assistere le società per il mantenimento dei loro diritti ed interessi legittimi e la riduzione delle perdite economiche.
Tali certificati, rilasciati a fronte della produzione di adeguata documentazione da parte dell’operatore richiedente, dovrebbero esonerare le imprese da responsabilità in caso di inadempimento o ritardo nell’adempimento imputabile alla diffusione dell’epidemia.
Tuttavia, l’efficacia di tali certificati nell’ambito dei contratti commerciali internazionali e, in un’ottica più generale, la riconducibilità della diffusione dello stesso Coronavirus a una causa di forza maggiore idonea a sollevare da responsabilità la parte inadempiente, non sono automatiche.
Esse, infatti, dipendono dal contenuto della c.d. clausola di forza maggiore e/o hardship (eccessiva onerosità sopravvenuta) eventualmente inserita nel contratto e, in ogni caso, dal concetto di causa di forza maggiore ai sensi della legge applicabile al rapporto contrattuale. Tali profili assumono rilevanza sia ai fini della gestione dei contratti commerciali che coinvolgono direttamente le imprese operanti in Cina, sia ai fini della gestione dei contratti con altri operatori, la cui esecuzione potrebbe essere ritardata o impedita a causa dell’inadempimento dei partner cinesi.
Di avv. Marika Di Biase
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